“Dio ci ama immensamente”. Tante volte ci è capitato di ascoltare questa frase. La vicinanza di Dio però a volte passa attraverso strade misteriose, non immediatamente comprensibili e all’interno di esperienze estremamente dolorose. Qualche tempo fa mi è stato diagnosticato un meningioma cerebrale attorniato da un esteso edema che comprimeva pesantemente il mio cervello, compresa un’area adibita alla gestione delle emozioni. In poco tempo mi sono ritrovato senza energie fisiche e mentali, con danni motori e mutamento della personalità. Crisi di pianto si alternavano a crisi di rabbia e io stesso non mi riconoscevo più. Si prospettava a breve un delicato intervento in neurochirurgia. Io e mia moglie eravamo molto spaventati e lei ha dovuto sostenermi in ogni cosa dal controllo delle medicine all’utilizzo dei social, dall’alimentazione a tutti i piccoli compiti della vita quotidiana.
La sofferenza maggiore però è stata quella spirituale dovuta al fatto che non percepivo più la presenza di Dio nella mia vita e quindi non capivo il senso di tutto quello che mi stava capitando. Il cielo era chiuso sopra di me. Invocavo un aiuto dall’alto che invece non arrivava. Mi sentivo come scartato senza possibilità di appello per l’eternità. Da questo neanche più la morte poteva liberarmi. Ero all’inferno. Quello vero, non quello dei gironi danteschi. E lo ero meritatamente. Vedevo solo la schifezza della mia persona. Senza l’amore di Dio ero solo uno straccio senza nessun valore. Il pianto della sofferenza si mutava poi in rabbia contro il Padre che a questo punto, se non era amore, non mi interessava più.
Il parroco conosceva la situazione e sapeva che dovevamo rimanere isolati per non prendere malanni in attesa dell’intervento. Quindi ha proposto a mia moglie di portare a casa l’Eucarestia dopo la Messa. Ho colto questa opportunità che mi veniva offerta, Dopo il rito suggerito dal sacerdote portavo alla bocca il Corpo di Cristo, ma non riuscivo a percepirne la presenza divina. Che impressione! Per me quello era solo un pezzo di pane. Ho accettato solo nel ricordo di quello che significava per me in passato e per quello che significava ancora per mia moglie pur non capendo niente.
Finalmente è arrivato il giorno dell’intervento e mi hanno asportato con successo il tumore. Da allora faccio solo controlli periodici sperando che non si ripresenti più. Ho passato la prima notte in terapia intensiva accudito da sanitari di alta professionalità e grande umanità. Per i forti dolori alla testa hanno dovuto somministrarmi anche la morfina spacciandola per “roba buona”. In effetti mi sono addormentato per un po’. Alle prime luci dell’alba ho notato una certa frenesia nell’ambiente, gente che correva, telefoni che squillavano. Sono riuscito a capire che stava arrivando un cuore nuovo da un altro ospedale compatibile con un paziente vicino di letto. Tutti gioivano. Finalmente una speranza di futuro per quella persona. Pur nella situazione drammatica di una terapia intensiva c’era aria di festa nella quale anch’io mi sono sentito coinvolto. In quel momento la mia attenzione non era più sui sintomi che provavo, ma sulla persona che da tempo aspettava questa occasione. Sperimentavo una certa gioia nell’anima mentre osservavo con la coda dell’occhio il letto avviarsi verso la porta d’uscita. Una preghiera mi è salita spontanea verso un cielo che ritenevo ancora chiuso per me. Ma qualcosa cominciava a cambiare.
Dopo alcuni giorni di degenza in neurochirurgia un mattino ho visto il mio volto nello specchio sopra il lavandino del bagno. L’ematoma che si era formato dopo l’intervento era sceso nelle orbite oculari e su tutto il viso. Nello specchio vedevo un mostro. In quel volto sformato riuscivo però a riconoscere quello piagato e tumefatto di Gesù sulla croce. Ho pianto per la gioia e finalmente ho ricominciato con gradualità a percepire il Suo amore per me.
Per mia moglie sono stati giorni molto faticosi, impiegava quasi due ore per arrivare da casa in ospedale e altrettante per tornare. Doveva parlare coi medici e sostenermi. All’inizio doveva persino imboccarmi. Tante persone conoscendo la nostra situazione pregavano per noi e ci sostenevano con messaggi e telefonate. La vicinanza e l’affetto di tutti ci hanno dato tanta forza. Dopo vari giorni mia moglie aveva accumulato troppa stanchezza e ha chiesto aiuto a famiglie, con le quali condividiamo una profonda amicizia, nell’assistenza in ospedale. Subito si sono prodigati. E’ stato molto bello condividere questa esperienza e sperimentare l’amore concreto all’interno di una famiglia di famiglie.
L’amore di quanti si sono fatti nostri prossimi è stato decisivo per il mio riavvicinamento a Dio in modo nuovo e sorprendente. Verso sera durante l’orario di visita era una gioia veder entrare in stanza di degenza famiglie che si alternavano per essermi vicino. Ho ricominciato a rispondere a tutto questo amore e ho percepito che Gesù era presente nei fratelli e fra di noi.
Rivedevo il periodo di malattia con una luce nuova. Alla fine, tornato a casa per una lunga convalescenza, quando mia moglie mi portava l’Eucarestia riuscivo a dire in Gesù: “Padre nelle tue mani affido il mio spirito”. Ho ripensato ai mesi precedenti e mi sono accorto che Dio ci aveva accompagnato per tutto il tempo. Insieme a Gesù sono sceso all’inferno e ho capito da cosa siamo stati salvati. Mi è stato concesso di sperimentare l’inferno in tutta la sua terribile realtà che è l’assenza del rapporto d’amore con Dio. Non immaginavo fosse così terribile. Ma lo è. Gesù poi mi ha ripreso e mi ha fatto risalire con Lui nel seno del Padre. Abisso di dolore colmato con abisso d’amore. Prossimità con Dio è incontro di abissi. Rendermi conto da cosa sono stato salvato mi fa vivere nella continua gratitudine verso un Dio che è morto e risorto per me ed è più prossimo a me di quanto lo sia io a me stesso. Il Padre mi dà la dignità di figlio suo. Non mi importa più dei miei peccati, dei miei limiti, della mia fragilità, mi importa solo di essere amato da Dio gratuitamente e di rispondere con l’amore al Suo amore. Sono un salvato non per i miei meriti, che non ci sono, ma per Grazia Sua. Questa è la fonte della nostra gioia. Quando siamo immersi in questa realtà tutto il resto è relativo.